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  Come e perché fu assassinato Paolo De Benedictis

di Pino Tosca

 

 

  Paolo De Benedictis nasce a Modugno (Bari) il 31 luglio 1920, sin da ragazzo è attratto da tutto ciò che si condensa in uno spiccato senso spirituale della vita. II senso del sacro e la consapevolezza di un cristianesimo realizzato "già e non ancora" permeano la sua intima struttura esistenziale, al punto che entra in Seminario, diventando studente di Teologia.

 Dopo l’otto Settembre. amareggiato dal tradimento badogliano, ed in linea col suo sentimento etico della vita decide di arruolarsi volontario nella Repubblica Sociale Italiana. Entra  nella Decima Mas in cui ricopre i gradi di Sottotenente.

Nella primavera del 1945. egli è uno dei due responsabili del presidio della Decima a Valdobbiadene in provincia di Treviso, quale Ufficiale d'Amministrazione. L'altro responsabile è il sottotenente Ettore Rubino, quale Capo dell'autoreparto.

 

L'azione: partigiana nel trevigiano

 

Nel trevigiano agisce la famigerata brigata partigiana Mazzini, comandata da Beniamino Rossetto (detto Mostacetti), comunista già combattente di Spagna coi rojos. Occorre precisare che la zona di Valdobbiadene è di scarso interesse militare per gli stessi tedeschi. ed è, per questo che. prima dell'arrivo di Mostacetti. in zona non succede nulla di rilevante. Insieme col Rossetto compaiono Marino Zanella (Amedeo)e Valeriano De Pasquale (Tomagnin). Le prime imprese di costoro riguardano la eliminazione fisica di partigiani non comunisti. come è il caso del prof. Antonio Adami, capo autorevole di un gruppo di partigiani "cristiani-marxisti” che entrano subito in conflitto con la Mazzini. Adami viene ucciso da quattro comunisti che, dopo averlo legato con una cavezza, gli sparano alla fronte, il 26 marzo. II colmo del tragicomico lo raggiungerà l’lstituto del Nastro Azzurro che pubblicherà un elenco dei decorati al V.M. di Treviso scrivendo che Adami,  catturato dai nazifascisti , “fu sottoposto a crudeli sevizie e mentre in un supremo sforzo di volontà e di ardimento tentava di evadere per riprendere il suo posto di lotta, veniva colpito a morte dal piombo nemico".

E' stato l’ultimo oltraggio alla memoria dell'eroico professore.

 Da quel momento è un filo infinito di sangue che quelli della Mazzini recano con sé. Donne, bambini,  anziani nulla sfugge all'orgia di sangue di Mostacetti e soci, i quali. però si guardano bene dall'attaccare direttamente i marò della Decima, nonostante gli Alleati stiano ormai in zona. Qualche esempio delle "eroiche" imprese di Mostacetti?

  Nel luglio 1944, viene catturato Angelo Feltrin, di un reparto fascista di Conegliano. Portato sul Montello, viene colpito a pistolettate, i partigiani, allontanatisi, ritornano sul posto e lo trovano ancora in vita ed in piedi appoggiato ad un albero. Lo uccidono definitivamente. Poi. con una tanica di benzina, bruciano il cadavere, mettono i resti in una pentola con soda caustica e ne fanno sapone. Poi, uno di loro, Cudic, va a vendere il sapone alla moglie di Feltrin e, dopo, le dice di che è fatto quel sapone.

  Il 7 ottobre 1944 viene catturato il maresciallo dei carabinieri Ettore Buggio. Portato sul Montello, viene assassinato con un colpo alla nuca, poi squartato. Infine, il suo cadavere viene saponificato.

 

  Nel febbraio 1945 vengono uccisi i marò Sergio Baroni, Attilio Coretti. Vincenzo Anipoarides e Dante Brattini. Il 13 febbraio viene fucilata Olga Barbi. L'11 marzo viene ucciso il giovane sagrestano Rornolo Bortolin. Il 22 viene sequestrata e ammazzata Nadia Majolin. Nel frattempo vengono uccisi i fratelli Rino e Italo Simeoni, giovanissimi. Il 3 aprile uccidono e violentano la ventiduenne Maria Bortolin. dopo averle ammazzato il fratello Orlando. La stessa notte. viene ucciso Antonio Malacart, dopo avere già assassinato i suoi due figli Isidoro e Italo. Numerosi sono i militi della RSI assassinati. Per puri motivi di spazio. è impossibile elencare tutti gli omicidi commessi tra il marzo e l'aprile del '45 dagli uomini di Mostacetti.

 

 

Cattura e tradimento di Paolo De Benedictis

  
 
II reparto della Mazzini che controlla il territorio di Valdobbiadene è diretto da Antonio Bellorini (Primula Rossa). Il 26 e 27 aprile, costui,  accompagnato dai partigiani Luscia (un ex maresciallo della Finanza) e Gino Dal Prà si incontra con Paolo De Benedictis ed Ettore Rubino per avviare e concludere trattative per un pacifico passaggio dei poteri. Ma, improvvisamente, il 30 aprile, e contrariamente a quanto già stabilito nelle trattative intercorse, Primula Rossa, d’accordo con Mostacetti, fa arrestare proditoriamente i militi della GNR e delle Brigate Nere. i marò della Decima e i militari tedeschi, facendoli ammassare per molto tempo in piazza Marconi. Un soldato tedesco si scosta di appena mezzo metro dai suoi camerati. Basta questo, e il partigiano Alessandro Massaro lo uccide a raffiche di mitra. Dopo l’esposizione in piazza. i 632 tedeschi vengono rinchiusi a Villa dei Lauri e nell'ospedale, e gli italiani nelle caserme della Guardia di Finanza e dei Carabinieri.

  Nello stesso pomeriggio del 30 aprile. tedeschi vengono scortati fino a Fener e consegnati agli angloamericani. naturalmente dopo essere stati depredati di ogni loro avere, che viene raccolto in cestoni di fienagione. In due cestoni vengono sistemati fasci di banconote italiane. negli altri i preziosi sequestrati.

II primo maggio, quelli della Mazzini iniziano il prelevamento dei civili dalle loro abitazioni. che vengono imprigionati in carceri improvvisate. Se i partigiani non trovano chi cercano. sequestrano i loro congiunti. tutti colpevoli di non esser stati troppo "entusiasti" della resistenza.

 Paolo De Benedictis. con Ettore Rubino e altri marò della X Mas. viene nel frattempo rinchiuso nelle carceri di Valdobbiadene. Fuori. il bagno di sangue è in pieno corso. Come ha testimoniato Antonio Serena nel documentatissimo volume “I giorni di Caino” nella tragica notte dal 4 al 5 maggio, i partigiani prelevano De Benedictis e i suoi camerati e, li conducono sul Madean, dove sta ad attenderli Curzio Frare (detto Attilio) con un plotone di autentici criminali. Per tre giorni. dal 5 all'8 maggio, i prigionieri subiscono interrogatori durissimi nel corso di processi-farsa. Dopo di ché iniziano le esecuzioni capitali. Le fucilazioni avvengono in luoghi diversi: alla Presa Spinoncia, nella località Zirocol e sul Madean. Ma c'è un luogo che i partigiani prescelgono per le fucilazioni di massa, ad imitazione di quelle dei titini: è l’orlo della foiba di Combai, dove avviene il grande eccidio, e dove poi gli uomini di Attilio gettano i corpi dei fucilati in altre parti. Per cancellare le tracce degli ammazzamenti, i partigiani versano sul cumulo dei cadaveri del materiale infiammabile al quale viene dato fuoco. Tra quei corpi in fiamme c'è anche quello di Paolo De Benedictis.

 Tuttavia. nonostante ciò, i parenti delle vittime non si arrendono e cercano in tutti i modi di ricostruire la tragica vicenda. Il gen. Gloria, padre del giovane assassinato Carlo, produce una denuncia alla Magistratura, la quale solo nel luglio 1947 dà il nullaosta per la riesumazione dei resti dei militi della X Mas, che permette la identificazione di alcuni cadaveri. Non tutti i cadaveri vengono esumati poiché i rudimentali mezzi usati per la discesa non consentono di raggiungere il fondo della voragine. Ma tra quei resti vengono identificati quelli dei giovani Paolo De Benedictis, Ettore Rubino e Carlo Gloria, oltre a quelli di Pasquale Arcangeli, Pietro Simioni, Francesco Morelli, Pietro Coricato, Dario Baroni. A costoro vanno aggiunti altri 30 militi rimasti ignoti per lo stato di decomposizione dei corpi. Queste, salme verranno in seguito traslate nel cimitero di Altare (Savona), 36 di esse rinchiuse in quattro cassettoni. A Miane, vengono inoltre sepolti altre dieci vittime: sei non identificate, tre tedeschi ed una donna (Lidia Bonifacio). In un elenco ufficiale del 30 agosto 1950, risulta inoltre che a Valdobbiadene erano stati trucidati in montagna altri 54 sconosciuti. Come dice Serena risulta “assolutamente impossibile accertare esattamente l'alto numero delle vittime della Mazzini nella Pedemontana”.

Le stesse fonti resistenziali parlano comunque di 400 morti tra fascisti e tedeschi e di due soli partigiani caduti. Segno che l'eccidio di inermi era stato spaventoso.

  

I perché di una strage

 
  La morte di Paolo De Benedictis. tuttavia, non è generata dal solo desiderio di sangue che acceca Mostacetti e i suoi. C'è dell'altro. Il 17 Giugno 1950, il maresciallo Giuseppe Sotgiu, comandante della stazione dei Carabinieri di Valdobbiadene, comunica alla Procura della Repubblica di Treviso l'esito delle indagini sugli eccidi in zona. Egli, tra l’altro, scrive: "Com'è noto in quei giorni elementi partigiani della Brigata Mazzini agli ordini del comandante Mostacetti uccisero nella zona di Valdobbiadene, Segusino e Combai un numero imprecisato di prigionieri... La maggior parte degli uccisi era stata arrestata dopo aver consegnato le armi e lasciata in libertà, in un primo tempo sotto il pretesto di un nuovo interrogatorio.... Nella notte dal 4 al 5 maggio, col pretesto di essere tradotti in un campo di concentramento, i destinati alla morte vennero divisi in tre drappelli:

- il primo, sotto buona scorta. fu caricato sopra un camion e tradotto in località Saccol di Valdobbiadene:

- il secondo. a mezzo di un camion, fu tradotto in località Madean di Combai. territorio della stazione di Col San Marino (di questo drappello fa parte De Benedictis, N.d.R.);

- il terzo fu tradotto in località Bosco di Segusino.

 Del gruppo di Saccol fecero parte due donne ed un vecchio. In questa località. i partigiani fecero fuoco con raffiche di mitra e con bombe a mano sui prigionieri dopo averli spinti in una galleria. la quale fu fatta saltare con dinamite. II giorno dopo i cadaveri vennero rinvenuti a brandelli proiettati a lunga distanza. Lo afferma il superstite fuggito alla strage, Carlo Armando fu Giuseppe e fu Repucci Maria, nato ad Altavilla Irpina il 10/2/25.

Quelli condotti in località Madean, (tra cui Paolo De Benedictis. N.d.R.) legati con filo di ferro con le mani alla schiena, furono maltrattati, uccisi sommariamente, spogliati di ogni avere e gettati in una buca.

  Gli esecutori rientrarono a Valdobbiadene con lo stesso automezzo recando le spoglie e gli oggetti sottratti alle vittime. Uguale la sorte toccata ai prigionieri condotti in località Bosco di Segusino. i quali furono seviziati e dopo uccisi e depredati....

 Le salme gettate nella buca di Madean. a cui si era appiccato il fuoco dopo aver gettato liquidi infiammabili giorni dopo per distruggere il fetore, vennero in parte recuperate anni addietro. ...

  Non è stato finora possibile recuperare le salme dei due Ufficiali della Xa Flottiglia Mas. Si tratta dei Sottotenenti Rubino Ettore e De Benedictis Paolo. il primo capo dell’autoreparto ed il secondo Ufficiale d'amministrazione. E' risultato che questi Ufficiali, ancora nei giorni 26 e 27 aprile avevano spontaneamente offerto la resa al capo partigiano Mostacetti. al Maresciallo di Finanza Luscia Antonio ed a tale Gino Dal Prà ed avevano consegnato un numero imprecisato di automezzi, materiale di rispetto, valori e tutto quanto avevano in consegna. Si precisa che il trapasso di denari. automezzi' e materiale vario avvenne regolarmente con scambio di ricevute firmate dalle parti Il Sottotenente De Benedictis consegnò ai predetti la somma di dieci milioni e cinquecentomila lire in assegni della Banca d’Italia e £. 500.000 in biglietti di stato (circa 350 milioni al valore attuale N.d.R.). Inoltre lo stesso Ufficiale avrebbe consegnato a Dal Prà Gino la somma di &. 250.000 in contanti, ritirandone ricevuta. Tutto ciò afferma la signora Sestilli Cecchi Pandolfina fu Rinaldo. Futura suocera del De Benedictis, residente a La Spezia, via Duca di Genova 6. Entrambi gli ufficiali in parola -avvenuto il regolare trapasso di quanto sopra - furono lasciati liberi ed essi ebbero modo di far vedere gli inventari dei materiali e valori consegnati. Nei giorni successivi furono prelevati col pretesto di chiarimenti e furono al pari degli altri soppressi, occultandone i cadaveri i quali a tutt'oggi non sono stati rinvenuti.

Degli inventari di consegna nessuna traccia. Le responsabilità delle soppressioni compiute in massa con crudeltà. vengono attribuite non soltanto agli esecutori materiali. ma anche ed in massima parte ai predetti capi Mostacetti, al maresciallo di finanza Luscia Antonio, Dal Prà Gino ed altri. Si narra che specialmente Luscia e il Dal Prà avrebbero potuto fare opera mediatrice per evitare la strage. E' diffusa la persuasione che costoro, d’accordo con i componenti il tribunale marziale. nella imminenza del trapasso dei poteri da mani partigiane ai comandi alleati decisero l'eliminazione dei due ufficiali (oltre agli altri) per Impedire che essi palesassero l’entità dei materiali e dei denari consegnati. II comando brigata Mazzini - su specifica richiesta - ha fornito le copie delle sentenze marziali soltanto per 19 sui cinquanta uccisi. sentenze compilate dopo la strage per ordine di un ufficiale alleato. il quale era stato messo al corrente dell'eccidio dalla popolazione terrorizzata.

E' chiaro che 31 prigionieri sono stati uccisi senza neppure procedere alla loro identificazione. Nelle sentenze marziali si parla di condanne alla pena di morte a mezzo fucilazione alla schiena, ma i fatti si sono svolti mediante esecuzione sommaria nei modi noti. ".

 

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