Giampaolo Pansa, noto scrittore e giornalista di sinistra, ha dato alle stampe un libro sui ragazzi di Salò destinato a non poche polemiche: si tratta de "I figli dell’Aquila". Alla domanda postagli in un’intervista in cui gli si chiedeva se si rendesse conto che quel libro sarebbe stato assai ostacolato ed inviso, Pansa rispose che "non gliene fregava nulla", essendo peraltro già abituato ad essere scambiato per un "fascista". "Io ho sempre pensato che non puoi raccontare una parte senza raccontare l’altra. Anche se queste due parti io continuo a pensare fossero entrambi minoritarie, e che dominasse la zona grigia di cui parla Renzo De Felice. (…..) Non possiamo dire che tutti quelli che sono stati della Repubblica Sociale erano dei torturatori, dei carnefici". Un altro passaggio degno di nota torna sull’atteggiamento tenuto da molti intellettuali in quel periodo, primo tra tutti il premio Nobel Dario Fo: "ancora adesso Dario Fo trova dei pretesti per dire che non è vero che lui si arruolò da quella parte. Dice che in Svizzera non si poteva andare che le frontiere erano chiuse, ed è rimasto, sono balle". Come disse qualcuno, "il Nobel a Dario Fo è il primo Nobel consegnato ad un reduce della Repubblica Sociale Italiana": ma questa è un’altra storia, una di quelle storie che nei libri di testo probabilmente non troveranno spazio