Nicola Matteucci ricorda la scomparsa del genitore il 7 maggio ' 45. Movente: papà Lionello era proprietario terriero

A pace fatta, un partigiano uccise mio padre

«Seppi con anticipo ciò che ora si dice: la Resistenza fu una guerra civile»

DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA - Estate 1945, raccontano ci fosse la pace. Un ragazzo di diciannove anni cerca invano il cadavere del padre e il movente d' un delitto assurdo, un perché che non trova. Una sera bussano alla sua porta: «Erano partigiani comunisti della zona, ci stavano aiutando nella nostra ricerca. Uno di loro mi guardò in faccia e fu sincero. Mi disse: "Ma non ti sei accorto che stiamo facendo la rivoluzione?". Io stimo ancora quell' uomo, perché allora mi illuminò e anticipò di decenni la tesi che solo adesso viene ascoltata: la Resistenza è stata una guerra civile». Nicola Matteucci è il ragazzo di allora. E, adesso, a 77 anni, rievoca questa storia nella sua villa alle porte di Bologna, seduto allo scrittoio, tra i libri che hanno accompagnato la sua vita di politologo liberale, studioso di fama europea, fondatore della rivista il Mulino. Ha taciuto a lungo, e quando ha cominciato a parlare lo ha fatto per salvaguardare una memoria: «Mio padre si chiamava Lionello, detto Nello, aveva cinquant' anni quando l' hanno ucciso. E non è mai stato un repubblichino. Voglio solo che questo risulti chiaro». Il professore ha una lunga consuetudine col giornalismo, è tuttora editorialista del Giornale, è stato legato a Montanelli da un affetto che non s' è mai spento. Fumando una Marlboro dopo l' altra, dice: «Sarò molto preciso, le racconterò solo i fatti». I fatti. «Mio padre era ingegnere e ufficiale di complemento della Marina. L' 8 settembre era a Bologna, eravamo sfollati qui vicino, a Roncria: mia nonna aveva un podere. Venne chiamato dalla Marina negli uffici di Venezia, gli chiesero di presentarsi per prestare servizio nella Rsi, lui rispose che aveva già fatto un giuramento, al Re, e che non lo avrebbe violato. A Roncria frequentava due persone: il colonnello Imbergamo, ovviamente latitante perché non si era ripresentato nemmeno lui, e che diventerà comandante della piazza militare di Bologna dopo la Liberazione; e il professor Tito Carnacini, membro del Cln, che a Bologna diventerà rettore. Come vede, nessun repubblichino tra i suoi amici. Nessuna ombra nel passato. Dunque, senza particolari preoccupazioni, salì sulla sua bicicletta il 7 maggio del 1945 per andare a Massa Lombarda, sulla via di Ravenna: la guerra era finita da più di dieci giorni». A Massa Lombarda i Matteucci possedevano poderi che erano stati devastati in quei mesi di tumulto. Papà Lionello, inoltre, era presidente della cooperativa dei frutticoltori: «Era un uomo eminente, con un seguito nella zona. Le dico questo perché non è irrilevante in ciò che avvenne. L' 8 maggio, nella casa di Roncria c' era mia madre Giuseppina, c' ero io, c' era mia sorella Annamaria, che ha cinque anni meno di me. Un nostro amico, che stava nel Cln, venne a dirci che mio padre era scomparso. Il Cln fece anche un manifesto, si protestava per la sua sparizione e si dava la solita colpa ai fascisti». La notizia, lo sconforto, le bugie, le speranze: le cronache del lato oscuro della Resistenza si somigliano spesso, le similitudini tra questa storia e quella di Vittorio Mathieu, che ebbe uccisi entrambi i genitori nel ' 44, sono impressionanti. E anche i silenzi sono simili, le cose non dette persino tra chi ha avuto la medesima esperienza: Matteucci stesso ignorava la storia dei genitori di Mathieu. «Vede, noi non vogliamo farne una notizia - dice -. Anche Pasolini, che ha studiato nel mio stesso liceo, aveva questa cosa dentro, io sapevo della storia di suo fratello Guido molto prima che divenisse pubblica. Ma lui non voleva parlarne. E io non volevo e non voglio diventare protagonista perché mi hanno ucciso il padre. Questa vicenda è stata rilanciata dal dibattito seguito al libro di Pansa. L' ha raccontata Paolo Mieli, che certamente doveva saperla da suo padre Renato: Renato Mieli è stato un uomo eccezionale che mi ha molto affascinato». Simile, tra le vittime, come vedremo, è il bisogno di non pronunciare, oggi, il nome dell' assassino, perché sarebbe come riportarlo a una dimensione attuale e umana, assieme al ricordo di una violenza che brucia ancora sulla carne. «Torniamo ai fatti - dice secco Matteucci -. Non si trovò il corpo. Mia madre andò in bicicletta a Massa Lombarda. Era antifascista dura, decisa. A cercare mio padre l' aiutarono il parroco e anche quelli del Cln. Niente. Ma c' era in paese uno di quei carabinieri d' una volta, quelli che conoscevano tutti: il maresciallo Doro. Con grande coraggio sposò la nostra causa, indagò, arrestò il colpevole. Quell' uomo venne processato e condannato dal tribunale di Firenze. Dopo un po' di carcere venne amnistiato e uscì. Sì, sapevo il suo nome, certo, lo so, ma non voglio più saperlo, perché o uno lo incontra e gli spara oppure cosa fa?». «Io andavo spesso a Massa Lombarda, lui lì faceva il manovale, si dichiarava partigiano comunista. Era in giro in paese, libero, e io non volevo trovarmelo davanti. Credo abbia avuto ordini dal partito. Perché il vero movente è che mio padre era un proprietario terriero, era certamente anticomunista e aveva seguito tra la gente; e loro, come mi dissero, stavano facendo la rivoluzione. Abbiamo sospeso le ricerche anche per mia volontà. Alcuni dicono che mio padre sia stato bruciato, sepolto nei campi della campagna che lui tanto amava. Questi sono i fatti. Adesso le racconto un' appendice, ne faccia l' uso che preferisce». Lunga pausa. Poi, il professore riprende a parlare. «Era il 1948 e io ero diventato un dirigente del movimento giovanile liberale. Venne ucciso il sindacalista cattolico Fanin». Lo ammazzarono a sprangate, Giuseppe Fanin, nella zona di San Giovanni in Persicelo: dicono che il suo accordo chiuso con i proprietari terrieri fosse uno schiaffo per la sinistra. Matteucci ricorda il funerale, il clima di guerra di quei giorni di pace: «Organizzammo una spedizione, eravamo una ventina, salimmo su un vecchio camion americano scoperto. Confesso che in paese ebbi paura per le facce che ci circondavano. I comunisti dicevano che Fanin era stato ucciso dai fascisti. I soliti carabinieri arrestarono il colpevole, un comunista, che fu processato e condannato. Confesso che se quel giorno, a San Giovanni in Persiceto, ci fossero saltati addosso, avrei sparato. Ma non ho mai saputo usare un' arma. Ho continuato a vivere qui tutti questi anni, a Bologna, nel mondo in cui mio padre è stato ucciso». Da dove viene la salvezza? «Le risponderò con un frase di Andreatta, un altro uomo molto importante nella mia vita. Io ero studente universitario, affascinato dalla filosofia. A casa mia nacque il Mulino: fu la nostra salvezza. Andreatta ci disse: beati voi che avete questo rifugio. Vennero a trovarci Angelo Tasca, Ugo La Malfa, Leo Valiani, Altero Spinelli e, da ultimo, Renato Mieli. Eravamo assediati, sì, ma reinseriti nella storia civile del Paese». «L' ultimo ricordo che ho di mio padre è di lui nei campi, col mantello alla contadina in mezzo ai contadini, una lampada a olio in mano. Mi riempiva di libri. Ricordo un Leopardi, una storia del teatro». Su uno scaffale di fronte allo scrittoio è rimasta una foto, «scattata nel fondo dove l' hanno ucciso»: Lionello Matteucci in bicicletta, tra la moglie Giuseppina e i figli. Nicola è ragazzino, dunque la foto può essere degli inizi o della vigilia della guerra: ma papà Lionello ha lo stesso un' ombra di sorriso in faccia, perché sa che dopo ogni guerra deve pur venire la pace. Goffredo Buccini (2 - Fine. La precedente puntata è uscita il 23 dicembre) LA SCHEDA Fondatore della rivista «il Mulino» NICOLA MATTEUCCI È nato a Bologna nel 1926, dove s' è laureato prima in Giurisprudenza e poi, nel 1950, in Filosofia. Nel 1951, insieme ad altri studiosi, ha fondato la rivista il Mulino, che ha diretto a più riprese. Membro del consiglio editoriale dell' editrice il Mulino, è stato preside della facoltà di Scienze politiche a Bologna, dove ha a lungo insegnato, per poi passare nel 1974 a insegnare Filosofia morale alla facoltà di Lettere. Matteucci (foto) ha fondato numerose riviste, scritto saggi e nel 1984 è stato chiamato a far parte del comitato direttivo dell' Enciclopedia delle scienze sociali. Nel ' 95 gli è stata conferita la medaglia dei Benemeriti della scienza e della cultura. L' OMICIDIO DEL PADRE Il 7 maggio 1945, dieci giorni dopo la fine della guerra, Lionello Matteucci sale sulla bicicletta diretto alle sue proprietà a Massa Lombarda. Sparisce. La madre, nota antifascista, si fa aiutare nelle ricerche dal Cnl e dal parroco. Non si trova il corpo. Il Cnl dà la colpa ai fascisti. Ma il maresciallo arresta il vero colpevole, un partigiano comunista, che verrà processato e amnistiato. Movente: Lionello Matteucci era un proprietario terriero.

Buccini Goffredo

Pagina 35
(30 dicembre 2003) - Corriere della Sera


 
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