Atti Parlamentari
Camera dei deputati seduta notturna
lunedì 7 aprile 1952
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TARGETTI
La seduta comincia alle 21.
SULLO, Segretario,
legge il processo verbale della seduta notturna del 1° aprile 1952.
(E' approvato).
PRESIDENTE.
Sospendo la seduta per alcuni minuti, in attesa del rappresentante del Governo.
(La seduta, sospesa alle 21,5, è ripresa alle 21,10)
Svolgimento di interpellanze.
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca lo svolgimento delle seguenti interpellanze, entrambe
dirette al ministro ad interim del tesoro:
Rossi Maria Maddalena, Perrotti, Vigorelli, Cornia, Natoli, e Borellini Gina,
"per sapere: le ragioni per le quali, a sette anni dalla fine della battaglia di
Cassino, non sia stato ancora provveduto alla liquidazione delle 60 mila
pratiche di pensione e di indennizzo delle donne di quella zona che subirono
violenza dalle truppe marocchine della V armata; quale accoglimento sia disposto
a dare alle legittime rivendicazioni delle interessate, consistenti nella pronta
liquidazione delle pensioni, senza trattenuta delle modeste somme percepite da
alcune nel 1944 dai governi francesi e italiano per immediato soccorso, e nella
concessione immediata a tutte di una indennità di cura e di medicinali e cure
gratuite presso i dispensari, gli ambulatori e gli ospedali della zona; quali
siano i propositi concreti del Governo nei confronti delle famiglie, dei
bambini, della popolazione della zona";
Zagari, Vigorelli, Preti, Matteotti e Mandolfo, "per sapere se, dinanzi alla
gravità del problema rappresentato dalle 60 mila donne, che ebbero a subire, nel
corso della battaglia di Cassino, le violenze delle truppe marocchine della V
armata, non ritenga necessario affrontare radicalmente ed organicamente il
problema con una serie di provvedimenti atti ad indennizzare le vittime e ad
arrestare le conseguenze del male, anzitutto accelerando le pratiche di pensione
e di indennizzo ed inoltre concedendo a tutte le danneggiate ed ai figli di esse
le indennità di cura, di medicinali e le cure gratuite presso i dispensari e
ambulatori e gli ospedali della zona".
Se la Camera lo consente, lo svolgimento di queste interpellanze, concernenti lo
stesso argomento, avverrà congiuntamente.
(Così rimane stabilito).
L'onorevole Maria Maddalena Rossi ha facoltà di svolgere la sua interpellanza.
ROSSI MARIA MADDALENA.
Onorevoli colleghi, la questione dalla quale ha origine questa interpellanza,
certamente assai penosa, non è discussa per la prima volta stasera in
Parlamento. Fu già oggetto di esame, credo, in sede di Assemblea Costituente, a
causa di una interrogazione presentata, se ben ricordo, dall'onorevole Persico,
oggi senatore. Un'altra interrogazione fu più recentemente presentata
dall'onorevole Lizzandri in questo ramo del Parlamento, ma non so se abbia o
meno ricevuto risposta e, nel primo caso, se sia stata una risposta
soddisfacente.
La nostra interpellanza si riferisce dunque ad uno dei drammi più angosciosi,
quello delle donne che subirono le violenze delle truppe marocchine della V
armata, nel periodo tra l'aprile e il giugno del 1944, dopo la rottura del
fronte del Garigliano, quando queste irruppero nella zona del cassinate. Non so
se sia vero quello che si dice delle truppe marocchine, cioè che il contratto
d'ingaggio di questi mercenari non escluda o addirittura lo consenta il diritto
al saccheggio ed alla violenza. Risulta invece che, dopo gli avvenimenti
dolorosi cui ci riferiamo, comandanti ed ufficiali di queste truppe tentarono di
correre ai ripari con alcuni casi di punizioni e soprattutto concedendo alle
prime vittime qualche soccorso. Comunque, sia stato o meno tollerato, se non
concesso, il fatto è che il saccheggio fu compiuto e le violenze ebbero luogo.
Il primo paese del cassinate che le truppe marocchine incontrarono nell'aprile
1944 e la cui popolazione, di circa 600 abitanti, non fosse sfollata fu, se non
erro, Esperia. I soldati fecero irruzione nelle case, depredarono,
saccheggiarono, e le violenze innominabili furono compiute su uomini e donne.
Perfino il parroco fu legato ad un albero e costretto ad assistere allo
spettacolo. Poi anche di lui fu compiuto tale scempio che ne morì. Del resto, a
Vallecorsa, non furono risparmiate neppure le suore dell'ordine del
Preziosissimo Sangue. A Castro dei Volsci dai registri del comune risultano 42
gli uomini e le donne morti in quei mesi terribili. Come e perché morirono quei
42 cittadini? Ecco alcune informazioni. Molinari Veglia, una ragazza di 17 anni,
è violentata sotto gli occhi della madre e poi uccisa con una fucilata; siamo in
contrada Monte Lupino, il 27 maggio 1944. Rossi Elisabetta, di circa 50 anni, è
sgozzata dai marocchini perché tenta di difendere le sue due figlie,
rispettivamente di 17 e 18 anni: la madre muore e le figlie sono violentate; ciò
accade in contrada Farneta. Anche Margherita Molinari, di 55 anni, tenta di
slvare la figlia Maria, che ne ha 21: è uccisa con cinque fucilate al ventre! Il
bambino Serapiglia Remo, di cinque anni, innocente testimone dei delitti che
intorno a lui si compiono, dà fastidio: perciò viene lanciato in aria e lasciato
ricadere, così che morrà entro le 24 ore successive per le lesioni riportate.
Pare che la madre non abbia ancora ricevuto la pensione; ha altri otto figli e
il marito è disoccupato.
Ed ecco alcuni esempi di ciò che accadde a Pastena. La signora Anelli Elvira fu
Giuseppe ha il braccio troncato da una scarica di mitra: essa morirà
tubercolotica quattro anni dopo, ma certo le conseguenze della violenza subita
nell'aprile del 1944 ne hanno affrettato la fine. Antonini Giuseppe fu Francesco
viene ucciso dai marocchini in contrada Santa Croce e nessuno sa dove sia stato
sepolto, perché il cadavere è portato via immediatamente dai francesi. Giuseppe
Faiola fu Marco è ucciso dai marocchini in contrada Cerviso. A Vallecorsa, Luigi
Mauri fu Martino muore il 26 maggio 1944 in contrada Lisano nel tentativo di
difendere l'onore della moglie Lauretti Assunta e delle sue quattro figliole.
Ancora a Vallecorsa Antonbenedetto Augusto fu Cesare cade il 25 maggio 44, in
contrada Visano per difendere l'onore della moglie Nardoni Margherita. Cade
anche Papa Vittorio di Alessandro il 25 maggio 1944, in contrada Santa Lucia,
avendo osato difendere la moglie Di Girolamo Rosina di Augusto, ma prima di
essere ucciso è egli stesso seviziato. Sacchetti Antonio fu Michele, Sacchetti
Eugenio fu Michele, Sacchetti Eugenio fu Vincenzo, Sacchetti Gabriele di
Agostino sono bastonati a sangue perché osano difendere l'onore delle rispettive
mogli, sorelle, madri; alla fine si ribellano e un marocchino viene ucciso:
quali rappresaglie vengano inflitte è facile immaginare.
Fatti analoghi a quelli che ho citato accadono a Pontecorvo, a Sant'Angelo, a
San Giorgio a Liri, a Pignatara Intermagna, a Caccano: almeno in una trentina di
paesi delle province di Frosinone e di Latina, percorse dalle truppe marocchine.
Quante donne abbiano subito violenza da parte delle truppe marocchine nessuno sa
con esattezza né forse si saprà mai. Quello che noi possiamo però rilevare dai
dati che sono a nostra conoscenza è che in maggioranza si tratta di donne
vecchie, anzi vecchissime, come quelle di Agata Baris, nata nel 1882, e come
molte altre, con cui ho avuto io stessa occasione di parlare, che oggi hanno
70-75 ed anche 80 anni. L'età avrebbe dovuto costituire una difesa per queste
donne, o almeno così esse ritenevano. Infatti alcune non pensarono neppure di
mettersi in salvo, anzi, convinte che sarebbero state rispettate, affrontarono
esse stesse i marocchini per dar tempo alle giovani di nascondersi, di scappare,
di rifugiarsi su, tra le montagne. Invece furono seviziate e violentate, come
per esempio quella Emanuela Valente della borgata Santangelo, che oggi conta 70
anni, che ebbe i polsi fratturati.
Molte di queste vecchie donne sono malate: si consumano lentamente a causa
dell'ignobile morbo che è stato loro trasmesso dai soldati marocchini. Entrando
nei loro poveri tuguri si vedono queste povere vecchie sui loro giacigli di
stracci, con i bambini intorno, con i parenti che non sanno e non possono
curarle; e queste vecchie parlano, raccontano quello che è loro accaduto. Le
giovani no; le giovani, in generale, sono restie a parlarne, e se ne comprende
bene il perché. Se per le vecchie l'insulto subito sa quasi di martirio, per le
giovani significa qualche cosa di peggio della morte: significa avere di fronte
a sé un lungo periodo di vita, ma una vita non ancora vissuta, ma buia e fredda,
in cui non c'è più alcuno spiraglio, alcuna speranza, alcuna luce; perduta la
possibilità di avere una famiglia, di avere dei figli; perfino il lavoro è
precluso a queste giovani, e la povertà nel loro caso è ancora più tragica,
perché il benessere economico, il lavoro potrebbero almeno aiutarle in parte ad
uscire da questo terribile isolamento in cui le ha gettate la loro disgrazia. Le
cure, il lavoro, l'occupazione potrebbero essere fonte di una ricompensa morale,
oltreché materiale, per la loro vita distrutta. Nessuna pensione di guerra potrà
mai risarcire né vecchie né giovani per ciò che hanno subito, nessun indennizzo
potrà mai ricompensarle di ciò che hanno perduto. Né tutte certamente hanno
chiesto indennizzo o pensione. Nel cassinate e nel sorano sarebbero, almeno
secondo quanto ci fu riferito, oltre dodicimila le domande presentate.
Dodicimila donne in questa zona avrebbero, dunque, subito violenza da parte
delle truppe marocchine e sarebbero state contagiate. Le domande risalgono al
1944, 1945 e 1946.
Come è noto, alcune di esse, nel 1944, ricevettero dal governo francese somme
varianti da 30 a 150 mila lire per soccorso immediato. I libretti di pensione
ricevuti successivamente, in qualità di vittime civili della guerra, darebbero
loro diritto, essendo assegnate alla settima ed all'ottava categoria, a somme
varianti da 1.400 circa a 3.000 lire al mese. Però, in base alle vigenti
disposizioni di legge, il cumulo dell'indennizzo e della pensione non è
consentito e perciò i libretti ricevuti non danno, in pratica, e non daranno per
molto tempo e in alcuni casi mai, diritto ad alcuna riscossione di denaro. Anzi
vi è chi ha recentemente ricevuto il libretto e, a conti fatti, dovrebbe
restituire al Governo parte della somma ricevuta nel 1944. Il 1° agosto 1947,
quando i francesi lasciarono l'Italia, mi sembra che essi fossero tenuti a
completare l'opera di soccorso immediato, e che affidassero al Governo italiano
l'incarico di prelevare quanto era necessario dalle somme da questo dovute al
Governo francese. Se oggi guardiamo alla realtà della situazione, appare invece
che la maggior parte di queste vittime non ha ricevuto che somme inadeguate e
molte addirittura nulla: né soccorso immediato né pensione. Pare che soprattutto
tra coloro che hanno presentato la domanda dopo il 1946, una buona parte, non
abbia ancora ricevuto nulla.
Presso l'intendenza di finanza di Frosinone, se sono esatte le mie informazioni,
sarebbero state presentate 47 mila richieste di risarcimento variamente motivate
e 13 mila sarebbero giacenti presso il Ministero del Tesoro: 60 mila in tutto
sarebbero dunque le domande ancora inevase avanzate per risarcimento, in parte
per atti di violenza carnale e in parte per uccisioni, mutilazioni, furti,
incendi, ecc. ecc.
Attualmente, dunque, questa sarebbe la situazione per quanto riguarda le
pratiche richiedenti pensione o risarcimento per danni vari.
Però, in ogni caso, indennizzo o no, libretto di pensione o no, quello che è
certo è che i libretti di pensione non daranno, ripeto, diritto a percepire
denaro in base alle leggi vigenti, anche quando sono stati concessi, se fu
percepito qualcosa nel 1944; oppure la pensione durerà, appunto come prevedono
le leggi vigenti, fino alla scomparsa dell'infermità fisica contratta, dopo di
che queste sventurate non avranno più diritto a nulla.
E per quanto riguarda l'assistenza, le cure sanitarie, quale è la situazione?
Oggi come oggi pare vi sia in tutta la zona un solo reparto dermosifilopatico
ospedaliero, a Pontecorvo, nel quale le contagiate abbiano diritto di essere
ricoverate; e questo reparto, se non erro, è costituito da sei letti. E' vero
(come ha affermato recentemente il prefetto di Frosinone ad una delegazione di
donne) che a suo tempo furono date disposizioni ai medici condotti perché
prestino gratuitamente le loro cure e prescrivano medicinali alla malate, ma che
cosa avviene nella realtà? Avviene che ciò non si realizza o si realizza in modo
inadeguato, perché i medici condotti sono raramente in grado, per motivi vari,
di curarle adeguatamente.
Fina dal primo marzo 1949 una commissione composta dai sindaci dei paesi
interessati, da rappresentanti di organizzazioni e di partiti si recò dal
sottosegretario Andreotti a sollecitare l'interessamento del Governo. Nel giugno
1951, al convegno per la rinascita del cassinate, a cui partecipò anche
l'onorevole Di Vittorio, fu constatato che la situazione non era sostanzialmente
migliorata, e fu chiesta la solidarietà di tutte le organizzazioni popolari, di
tutti i lavoratori, per ottenere dal Governo provvedimenti concreti.
Infine, a Pontecorvo il 14 ottobre scorso ebbe luogo un singolare convegno, mi
si consenta di dirlo, davvero singolare. Non so se sia vero che vi fu da parte
del ministro degli interni o di qualche suo altro zelante prefetto il tentativo
di impedirlo per ragioni di 'carattere morale', perché questo convegno avrebbe
offeso la pubblica moralità.
Ad ogni modo il convegno, anche per l'intervento di alcuni parlamentari presso
il Ministero, ebbe luogo, e vi parteciparono le rappresentanti delle 60 mila
donne che a suo tempo hanno presentato domande in qualità di vittime civili
della guerra, motivate da violenze e danni di vario tipo. Erano 500 delegate. Io
ho partecipato a questo convegno e ho visto le 500 contadine venute dai villaggi
e dai paesi della piana e delle montagne circostanti.
Molte avevano camminato per ore e ore a piedi per arrivare in tempo a Pontecorvo,
e non avevano certo mai partecipato in vita loro ad una riunione né tanto meno
parlato da una tribuna. Né, credo, queste contadine, queste montanare, che
ricordano ancora coi loro costumi le ciociare di un tempo, così ritrose e fiere,
avrebbero mai voluto parlare addirittura in un convegno di fronte a tutti della
loro mostruosa disgrazia. Invece sono state costrette a fare così. E con quale
serietà esse hanno esposto i loro casi dolorosi!
E con quanta pietà anche i rappresentanti delle autorità -quei rappresentanti
della autorità costituite, che avrebbero dovuto impedire quel convegno- hanno
finito, anche essi, per ascoltare ciò che queste donne hanno detto!
Che cosa fu chiesto in quel convegno? Ecco:
1°) il sollecito disbrigo delle pratiche giacenti presso l'intendenza di finanza
di Frosinone per l'assegnazione delle pensioni, e, in attesa, il pagamento di un
indennizzo, di un assegno di cura, da non trattenersi sulla pensione;
2°) la liquidazione degli arretrati di pensione, considerando le somme pagate
dal governo francese e da quello italiano come indennità straordinaria, da non
trattenersi sulla pensione;
3°) un assegno di cura (quello che oggi mi pare sia riservato, fra le vittime di
guerra, ai soli tubercolotici) per impedire efficacemente il diffondersi delle
malattie contagiose, derivanti dalle violenze subite (male che, come l'onorevole
sottosegretario sa, purtroppo si ripercuote gravemente sulle condizioni dei
bambini);
4°) medicine e cure gratuite presso tutti gli ospedali ed ambulatori della zona
e da parte dei medici condotti per tutte le donne vittime civili di guerra che
abbiano il libretto di pensione o che abbiano in corso una pratica di pensione;
5°) creazione di un centro per la lotta contro le malattie contratte in seguito
alle sevizie dei marocchini o conseguentemente diffuse, con funzionamento
analogo a quello del centro antimalarico esistente nella zona;
6°) visita immediata ed obbligatoria per tutti i bambini appartenenti alle
famiglie delle 'marocchinate' ed adozione, naturalmente, dei provvedimenti del
caso;
7°) che i parenti di primo grado dei trucidati dai marocchini, a tutti gli
effetti, siano considerati alla stessa stregua dei parenti dei morti in
combattimento.
Ciò che in quel convegno non fu detta ma che era nella mente di tutti era che,
in casi di questo genere, non è possibile parlare, non è possibile parlare di
riparazione, di risarcimento. Anche se il Governo concedesse tutto quanto allora
fu chiesto, anche se il governo provvedesse immediatamente al disbrigo di tutte
le pratiche di pensione presentate, anche se tutte queste donne fossero
riconosciute come vittime civili di guerra, ciò non basterebbe ancora. La
infermità contratta da queste donne non è solo quella che può essere guarita con
un anno o due di cure; è una infermità che esse porteranno per tutta la vita.
E perciò noi diciamo stasera al Governo: applicate pure le leggi vigenti, finora
non applicate o non sufficientemente applicate; ma studiate anche provvedimenti
speciali per questa mutilazione orrenda che la guerra ha causato, studiate
qualcosa di diverso per questo male diverso da tutti quelli, pure gravi, che la
guerra ci ha lasciato da curare. Provvedete a concedere alle donne violentate
dai marocchini uno speciale assegno vitalizio, oppure un assegno una tantum, ma
adeguato alla pietà che queste innocenti ci ispirano. Pensate alle giovani, alle
ragazze, alla tragedia dei bambini, molti dei quali sono già condannati al
disfacimento intimo e morale, sono condannati cioè a qualcosa che è peggiore
delle peggiori condizioni di denutrizione e di abbandono, pur così tristi, di
tanti bambini del nostro paese, soprattutto in molte località del Mezzogiorno e
del delta padano. Soffermate il vostro pensiero su queste vittime della guerra,
voi che concedete il vostro appoggio a coloro che preparano una nuova guerra. So
che vi è chi si finge scandalizzato perché noi prendiamo nel Parlamento e nel
paese la difesa di queste donne. Credo piuttosto che ci si debba scandalizzare
perché fra noi vi è chi vorrebbe coprire questa piaga, questo delitto orrendo
che fu commesso contro donne inermi, contro giovinette, con un velo di silenzio,
fidando nel fatto che esse vivono lontane dalle grandi città, in villaggi
sperduti. Di quei villaggi però conoscono assai bene la strada truffatori e
lestofanti che, indisturbati, vanno a proporre contratti di assicurazione che
risultano veri e propri furti o a promettere commendatizie per il disbrigo della
pratica di pensione, e si fanno consegnare le poche decine di lire, frutto di
dure fatiche.
Date una sistemazione adeguata a queste infelici. Ve lo chiediamo come lo
chiederemmo per qualsiasi innocente vittima di guerra, ma in più con la
convinzione che queste meritino speciale attenzione ed aiuto dal Governo. E
infine, proprio perché questo Governo stanzia somme ingenti per i suoi programmi
di riarmo, dimostri almeno di voler provvedere alle vittime più dolorose della
guerra che si è appena conclusa. Non costringetele a riunirsi ancora una volta,
ad esporre le loro miserie, ad accusarvi in pubblico. Dimostrate di essere
animati da un senso di umanità, se non sapete che sia amore per la pace.
(Applausi alla estrema sinistra)
PRESIDENTE.
L'onorevole Preti, cofirmatario della interpellanza Zagari, ha facoltà di
svolgerla.
PRETI.
In assenza dell'onorevole Zagari, che è il primo firmatario di questa
interpellanza, aggiungerò poche parole, dopo l'illustrazione fatta dalla
onorevole Maria Maddalena Rossi.
La onorevole Rossi, all'inizio del suo intervento ha lasciato quasi credere che
abbia potuto essere tacitamente riconosciuto nel 1944 alle truppe marocchine il
diritto di saccheggio e di violenza ai danni degli italiani. Io direi che questo
va escluso senz'altro.
Tuttavia, è certo che questo è uno dei casi più dolorosi della guerra; uno di
quei casi che è meglio dimenticare. Purtroppo tutte le guerre, ad onta del
progresso della civiltà, provocano dolorose tragedie, nelle quali vengono
dimenticati e calpestati elementari diritti e valori umani.
Oggi siamo di fronte a donne gravemente contagiate, rovinate materialmente oltre
che moralmente; e lo Stato avrebbe dovuto fare il suo dovere nei confronti di
queste disgraziate. Purtroppo si deve constatare che lo Stato non ha fatto tutto
quello che poteva fare. Come ha ben detto la onorevole Rossi Maria Maddalena, le
pratiche di pensione di queste donne cosiddette 'marocchinate' languono. Non
sembra infatti che gli organi competenti se la prendono molto calda, come si
suol dire. Inoltre, vi è anche la dolorosa prospettiva per queste povere donne,
che le pratiche di pensione finiscano praticamente nel nulla. Si teme che magari
per qualche anno possa essere corrisposto loro un assegno e che poi tutto abbia
fine. E' vero anche che le cure predisposte a favore delle donne contagiate di
questa zona sono del tutto insufficienti.
Noi riteniamo che il Governo dovrebbe subito provvedere a corrispondere a queste
donne le pensioni, indipendentemente da quello che può essere stato dato loro
come indennizzo, subito dopo la guerra, o dal governo francese o dalle autorità
italiane. In secondo luogo, a coteste disgraziate i medicinali e tutte le altre
cure sanitarie dovrebbero essere forniti gratuitamente. In altri termini,
dovrebbero essere disposte tutte le misure atte a dimostrare che il Governo si è
reso effettivamente conto della gravità della tragedia che ha colpito queste
donne. Qui non si tratta solo di chiedere al Governo di fare il suo dovere,
applicando la legge vigente. Si tratta di studiare un complesso di norme
speciali, desinate effettivamente ad aiutare queste sventurate. E' necessario
che il Governo dimostri che la collettività nazionale ha fatto tutto il
possibile per riparare nel migliore dei modi.
PRESIDENTE.
L'onorevole sottosegretario di Stato per il tesoro ha facoltà di rispondere.
TESSITORI.
Sottosegretario di Stato per il tesoro. Risponderò brevemente e, spero,
esaurientemente.
Il problema, indubbiamente, suscita reazioni sentimentali vastissime. Non vi è
alcuno che non possa o non debba deplorare i fatti dolorosi che sono avvenuti
nella zona di Cassino; ma essi, dal punto di vista giuridico-legislativo, si
inquadrano, e debbono inquadrarsi in determinate norme che il potere esecutivo è
chiamato ad attuare. Perché, se è vero che la giovane ha subito lo strazio -così
come la onorevole Rossi ha descritto, e come purtroppo tutti noi sapevamo, dato
che i fatti ormai appartengono alla storia- è colpita per tutta la vita
irreparabilmente ed insanabilmente (come avviene del resto per ogni giovane che
subisca violenza anche in tempo di pace), è altrettanto vero che anche la madre
o la sposa che hanno perduto il loro figliolo o il marito in guerra sono
amareggiate da un dolore che nessun risarcimento, nessun trattamento economico
sarà mai in grado di sanare: non è valutabile con la misura della moneta il
dolore umano.
Ma, purtroppo, noi siamo chiamati a valutare il fenomeno umano con la freddezza
con cui i legislatori sono costretti a valutarlo. Del resto, quando il giudice è
chiamato a decidere la misura del risarcimento del danno, che deve essere
versato da colui che ha investito con la sua automobile una persona, qualunque
possa essere la cifra per il risarcimento, essa non esaurirà mai quello che è il
dolore del padre e della madre. Per cui io vorrei che le coloriture di carattere
morale e sentimentale non ci distogliessero da quella che è la realtà, cioè la
valutazione giuridica e legislativa del fatto.
Il problema ha tre aspetti: il primo attiene ai cosiddetti indennizzi che sono
stati versati, alle donne che furono vittime di violenze da parte delle truppe
di colore; il secondo riguarda il trattamento di pensione, e il terzo è quello
relativo all'aspetto igienico-sanitario.
Circa il primo punto, non possiamo dimenticare che esiste la legge 9 gennaio
1951, n. 10, che detta norme in materia di indennizzi per danni arrecati con
azioni non di combattimento, e per requisizioni disposte dalle forze armate
alleate. L'articolo 2 di questa legge rigurada la nostra ipotesi, e stabilisce
che l'indennità viene liquidata avuto riguardo ai danni, immediati e diretti,
causati da atti non di combattimento, dolosi o colposi -e qui siamo sul piano
dell'atto doloso- dalle forze armate alleate, secondo i criteri stabiliti per
gli infortuni sul lavoro. Inoltre, il citato articolo dice che la liquidazione
avviene con i criteri del regio decreto-legge 17 agosto 1935, e successive
modificazioni.
In totale, le domande con richiesta di indennizzo furono 17.368, per un importo
complessivo di danni pari a lire 654.680.782. Di queste domande,
dall'amministrazione centrale ne sono state trattate 9.492; però sono le domande
che comportavano un indennizzo maggiore, che rappresentavano i fatti più gravi,
dato che furono concessi indennizzi per lire 508.771.740.
ROSSI MARIA MADDALENA.
In quale epoca?
TESSITORI.
Sottosegretario di Stato per il tesoro. Fino a tutto il 1951.
ROSSI MARIA MADDALENA.
Quelli del 1944 sono i risarcimenti concessi dal governo francese.
TESSITORI.
Sottosegretario di Stato per il tesoro. Esamineremo poi l'intervento del governo
francese.
Al Governo italiano, dunque, pervennero 17.386 domande di indennizzo ai sensi
questa legge e per la somma che ho già citato, che fu in gran parte liquidata.
Le restanti domande, trattandosi di casi minori e quindi anche di importi
minori, furono trasmesse all'intendenza di finanza di Frosinone, per un
complessivo importo di lire 145.149.042. Da quanto risulta, l'intendenza sta
procedendo all'istruttoria ed alla liquidazione. Intanto venivano presentate
domande alla direzione generale per le pensioni di guerra, rientrando il caso
nell'infortunio civile per evento bellico.
Le domande, a tutto il 1951, furono 7.639. Di esse ne sono state definite, fino
a tutto il dicembre 1951, 2860 e sono in corso di definizione 4.769. Sono tutte
domande pervenute di recente (durante il 1951 ne arrivarono circa 3 mila); Il
ritardi nella presentazione delle domande di pensione si spiega, probabilmente,
con la ritrosia che taluna possa aver avuto nell'esporre il proprio caso, per
ragioni evidenti, o perché quelle infelici ritenessero che il loro diritto si
fosse esaurito con il pagamento dell'indennizzo una tantum. Fatto sta che alla
direzione generale per le pensioni di guerra le domande delle donne che subirono
codesto affronto pervennero relativamente in tempo molto recente, e soprattutto
quando si seppe che il pagamento dell'indennizzo una tantum non escludeva il
diritto al trattamento di pensione. Ora le domande di pensione debbono essere
istruite, come richiede la legge: bisogna accertare la veridicità del fatto,
bisogna stabilire quali conseguenze il fatto stesso abbia lasciato, al fine di
determinare quale trattamento pensionistico debba essere praticato a colei che
domanda la pensione, ed inoltre bisogna verificare, una volta liquidata la
pensione di guerra, quale sia l'importo dell'indennizzo ricevuto e a quale
titolo. Perché anche qui interviene la legge che ho già citato, precisamente
l'articolo 3, in forza del quale l'indennità per i danni di cui alle lettere d)
e c) del primo comma dell'articolo 1 non è cumulabile con altro indennizzo né
beneficio di qualsiasi natura eventualmente spettante per lo stesso fatto, a
carico dello Stato. E' lo stesso caso di chi, investito da automezzo alleato,
abbia domandato indennizzo e contemporaneamente abbia chiesto anche la pensione;
ottenuta questa, quella qualsiasi somma che gli sia stata liquidata come
indennizzo una tantum gli deve essere realmente trattenuta, perché l'articolo 3
della legge 9 gennaio 1951, n. 10 così prescrive. E la legge 10 agosto 1950, n.
548, attualmente in vigore per la liquidazione delle pensioni di guerra, non è
stata modificata dalla legge del 1951, che essendo successiva è, a fortiori, la
legge che deve essere applicata. Perciò non si tratta di indennizzi versati a
titolo di soccorso immediato, ma degli indennizzi veri e propri, sempre che
siano a carico dello Stato italiano, che non possono non essere recuperati
finché la legislazione resta quella che è; ripeto che la legge che impone questo
obbligo del recupero, sia pure graduale, delle somme ricevute è dell'anno
scorso.
Ora, per quanto attiene al disbrigo delle pratiche di pensione, posso dare
assicurazione che, compatibilmente, coi mezzi a disposizione
dell'amministrazione, esse sono ritenute in particolare rilievo ed hanno, finché
è possibile, precedenza dopo esaurita l'istruttoria necessaria.
Rimane il terzo punto, quello già relativo alle misure di natura igienico
sanitaria che sono state rese e che dovrebbero essere prese. Rilevo in primo
luogo un fatto che risulta dalle cifre che ho indicato e cioè che non si può
parlare di 60 mila donne che abbiano subito violenza: non si arriva nemmeno a
20.000. Una delle due, infatti: o ci dobbiamo attenere alle domande di pensione
e di indennizzo che sono state presentate, o dobbiamo supporre che circa due
terzi delle violentate, anzi più di due terzi, non abbiano creduto di farsi
vive.
Detto questo, come dato incontrovertibile in possesso dell'amministrazione
centrale, passiamo all'aspetto igienico sanitario. Ho qui i dati, in riassunto,
forniti dall'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità, trattandosi di cose
che riguarda la sua competenza. Si fa presente che fin dal 1944, non appena cioè
pervennero notizie dalle zone funestate dalle truppe marocchine, fu fatta
l'inchiesta ed inviata in provincia di Frosinone un autotreno completamente
attrezzato per l'assistenza nei luoghi colpiti e privi di possibilità di
comunicazione.
Vennero così dislocati 40 armadi farmaceutici nei comuni rimasti senza farmacia,
forniti di preparati antileutici, antimalarici, antiscabbiosi, disinfettanti e
vaccino antitifico. In ogni comune le vittime dei marocchini furono visitate da
uno specialista. E' da notare che molte di esse furono anche ricercate sulle
montagne e nei campi. Il servizio democeltico fu incrementato. Un sanitario
esperto in dermosifilopatia venne incaricato di provvedere all'istituzione di
ambulatori e di assicurare uno speciale servizio di assistenza e di profilassi.
Con l'adozione di questi provvedimenti, i comuni della provincia di Frosinone
maggiormente colpiti furono visitati almeno due volte la settimana. Le donne
contagiate, secondo le condizioni sanitarie di ciascuna di esse, furono
ricoverate, a completo carico dello Stato, in vari ospedali e curate
ambulatorialmente con somministrazione completamente gratuita di medicinali;
vennero anche elargiti sussidi in denaro.
Senonché, nonostante il complesso di tali provvidenze, attuate fra non lievi
difficoltà e attraverso un'opera di persuasione nei confronti delle contagiate,
nel 1946 si verificò una recrudescenza nella diffusione di malattie veneree,
specialmente di endometriti blenorragiche, in qualche comune della valla del
Liri e soprattutto ad Esperia. Ciò ebbe ad attribuirsi al fatto che varie donne
violentate, per spiegabili motivi di riservatezza e di pudore, non si
presentarono tempestivamente alla visita medica, mentre altre decisero di
sottoporsi alle cura sanitaria solo dopo l'aggravamento della malattia. Inoltre,
il ritorno di vari sinistrati e dei reduci contribuì alla diffusione (come
avvenne in altre parti d'Italia, e come del resto è sempre avvenuto) di casi di
malattie veneree, che almeno in parte sono da ritenersi indipendenti dai fatti
del 1944.
L'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità, preoccupato di questo fenomeno di
recrudescenza di malattie veneree e per attuare a fondo una azione profilattica
ed assistenziale in tutta la provincia di Frosinone, inviò sul posto un proprio
ispettore dermosifilografo, docente presso l'università di Roma, col preciso
incarico di colmare ogni deficienza rilevata nei servizi e di adottare i
provvedimenti necessari con larghezza di mezzi. Questa iniziativa diede
risultati notevoli. Infatti, alla fine del 1947, in tutta la provincia di
Frosinone, vennero riscontrate solo 42 donne affette da sifilide e, di esse,
solo due con manifestazione contagiosa in atto; 217 donne, invece, furono
trovate affette da endometrite blenorragica. Essendo infine risultato che degli
elementi del luogo, certo con intenti non eccessivamente morali, volevano
matenere sempre viva l'agitazione, evidentemente allo scopo di poter continuare
ad ottenere aiuti in danaro, nel giugno del 1950 l'Alto Commissariato, per
risolvere il problema sanitario e scinderlo dal problema del trattamento
economico, ritenne di compilare per ciascuna delle donne assistite una cartella
clinica, corredata da accurate indagini sierologiche per la lue, e completata in
tutte le parti.
Questa indagine, praticata con scrupolo e a distanza di anni dal fatto, ha
rivelato in modo definitivo (secondo gli accertamenti eseguiti dall'Alto
Commissariato) una infezione rimasta ignorata, o ha escluso un presunto
contagio.
Infatti alla fine del 1950, solo tre donne in tutta la provincia avevano chiesto
il ricovero, e tutte e tre vennero riscontrate sane. Quindi, è accertato ormai,
attraverso tutte queste indagini e attraverso tutti questi controlli eseguiti in
loco, che le vittime delle truppe marocchine non hanno più bisogno di una
particolare assistenza sanitaria. Perciò io non posso escludere che se si eleva
rimprovero al Governo di non aver attuato tutto ciò che era umanamente possibile
nel settore igienico sanitario, il rimprovero non ha fondamento nella verità e
realtà dei fatti; se lo si rimprovera e lo si critica per quanto attiene invece
all'aspetto economico del problema, il Governo ha fornito le cifre, che sono
tali per cui la conclusione non penso possa essere di critica.
Ho già detto che le leggi sono quelle che sono, che non credo si possa in questa
sede e in questo momento nemmeno delineare largamente quali potrebbero essere le
modificazioni, se modificazioni sono necessarie, quali potrebbero essere i
lineamenti di una modificazione della legislazione esistente in questa materia.
Comunque, se di modificazione si dovrà parlare, ne discuteremo in altra sede e
se ci dovrà essere una modificazione non penso che gli argomenti che stanno al
fondo delle tesi portate dalla onorevole Rossi possano essere di per sé
sufficienti per una modificazione legislativa, soprattutto perché gli stessi
argomenti potrebbero essere prospettati a favore di altre categorie di vittime
civili.
ROSSI MARIA MADDALENA.
Come si vede che ella non è una donna!
TESSITORI.
Sottosegretario di Stato per il tesoro. Ella prospetta un problema di
modificazione sostanziale del sistema pensionistico, che da pochissimi mesi il
Parlamento italiano ha approvato, approvandone quindi anche quelli che sono i
presupposti giuridici e le ragioni politiche. E pertanto la mia risposta non
poteva essere diversa.
PRESIDENTE.
L'onorevole Rossi Maria Maddalena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta.
ROSSI MARIA MADDALENA.
Risponderò molto brevemente all'onorevole sottosegretario. Anzitutto vorrei, se
mi permette, rivolgergli una domanda: come mai queste donne scendono dalle loro
montagne a centinaia, si riuniscono a convegno, oppure si recano in delegazione
presso i sindaci, i prefetti, mandano addirittura delegazioni a Roma per
chiedere il disbrigo delle pratiche di pensione, per lamentare che, ricevuto il
libretto di pensione, non percepiscono un soldo, per reclamare medicinali a
cure?
Io mi domando come mai, se è vero ciò che afferma il rapporto dell'Alto
Commissariato per l'igiene e la sanità, cioè che nella provincia di Frosinone
soltanto tre donne in un anno hanno chiesto il ricovero in ospedale ed è
risultato poi che queste tre donne non sono nemmeno contagiate, come mai allora
centinaia di donne si riuniscono per gridare il loro orrore per il male che le
ha colpite, per invocare l'assistenza medica? E' veramente un mistero. Ad ogni
modo, poiché noi non possiamo dimenticare il loro grido, né ciò che apprendemmo
quando ci incontrammo con queste donne nella loro provincia, nei loro villaggi,
penso che non ci resti che una sola cosa da fare: riferire a queste donne le
parole dell'onorevole sottosegretario, ricercare in ogni villaggio, in ogni
piccolo comune coloro che hanno presentato la domanda di indennizzo, di pensione
e riferire loro che, secondo l'onorevole sottosegretario, tutti o quasi tutti
sono stati soddisfatti e non hanno altro da chiedere. Non resterà dunque che
cercare le migliaia di infelici che subirono la peggiore delle violenze e
dimostrare loro, con le parole dell'onorevole Tessitori e del Governo, che la
loro situazione è ormai regolata e che soltanto una piccola minoranza non ha
ancora ricevuto quella che le spetta.
Me permetto però di dubitare dei dati ottimistici che sono stati sottoposti
all'onorevole sottosegretario a proposito delle guarigioni delle contagiate. Ho
visto con i miei occhi centinaia di donne malatissime, raccapriccianti a
guardarle, tanto che c'era da chiedersi come mai possano continuare a vivere in
quello stato. Ho visto bambini macilenti e deformi, diversi da tutti gli altri,
più miseri, delle zone più povere del paese.
E quanto alle pratiche di pensione, se all'onorevole sottosegretario risulta che
tutto va bene e che tutto ciò che doveva essere fatto è stato, a noi risulta che
non è così.
Ma su un altro aspetto del problema io voglio solo per qualche minuto
soffermarmi. L'onorevole sottosegretario non ha voluto - almeno così ho compreso
- impegnarsi per alcuna modificazione della legge vigente. Egli afferma che non
vede la necessità nemmeno di delineare quale potrebbe essere una modificazione
della legge vigente, di cui noi conosciamo bene i limiti. Ora, se l'onorevole
sottosegretario ritiene che le sevizie inflitte a queste donne dalle truppe
marocchine siano in qualche modo paragonabili a qualsiasi altra sventura che la
guerra può arrecare, per grande che essa sia (e lo dico avendo qui accanto a me
un collega che ha avuto la sventura di perdere il proprio figlio in guerra), se
crede che questa sventura sia paragonabile a qualsiasi altro lutto o dolore di
cui la guerra sia causa, mostra di non avere un briciolo di sensibilità, mostra
di non sapersi nemmeno soffermare un momento a considerare il fatto che il caso
e non altro ha voluto che queste donne e non quelle della sua famiglia, quelle
che gli sono più care, avessero a subire questa dura sorte.
Voi pensate che la vita di queste donne sarebbe colpita nella stessa misura se
esse avessero perduto uno dei loro cari in guerra? No, non è la stessa cosa. Noi
conosciamo le madri che hanno perso i figli, le mogli che hanno perso i mariti:
noi le amiamo, le onoriamo, manifestiamo loro la nostra intera solidarietà, sì
che esse trovano qualche volta una sorta di conforto nel sapere che il loro
lutto è condiviso, che la memoria dei loro cari scomparsi è sacra a milioni di
cittadini. Ma queste donne no! Per queste non c'è conforto possibile. Si devono
nascondere, come se si sentissero infette anche moralmente. A queste donne si
vorrebbe vietare di parlare della loro sventura, di riunirsi, di reclamare, in
nome della pubblica moralità! Inoltre, ella ha confrontato questa sventura a
quella di una persona che perde un congiunto in una disgrazia automobilistica o
non so che altre. Onorevole sottosegretario, se mi permette, questo non lo
doveva dire. Non si deve confrontare questa sventura con altre, piccole o grandi
che siano, né tantomeno collocarla nella categoria degli 'incidenti'. Altrimenti
non basta più parlare di insensibilità, perché si tratterebbe di cinismo.
Ella non ha voluto impegnarsi a proposito di modificazioni da apportare alla
legge per questo caso che è diverso per qualsiasi altro. Ed è chiaro che non ha
voluto impegnarsi proprio perché non trova questa violenza più orrenda e
ripugnante di qualsiasi altra violenza che la guerra può recare con sé.
Ebbene, se il Governo non vorrà prendere in considerazione questa nostra
proposta, presenteremo noi una proposta di legge che preveda un trattamento
speciale, diverso dagli altri, per queste vittime, che sono vittime diverse
dalle altre. Il paese giudicherà, dirà se noi abbiamo fatto bene, o se abbiamo
fatto male. Dirà se abbiamo mostrato maggiore o minore sensibilità, maggiore o
minore senso democratico e cristiano di quello dimostrato dai membri del
Governo.
PRESIDENTE.
L'onorevole Preti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.
PRETI.
La collega Rossi è stata forse eccessivamente severa nei confronti
dell'onorevole sottosegretario; ma anch'io penso che la risposta non possa
ritenersi del tutto soddisfacente, anche se non si può disconoscere che dal
punto di vista formale essa è esauriente. Tra l'altro il sottosegretario ci ha
fornito dei dati che francamente noi non conoscevamo, e che dimostrano inesatte
parte delle informazioni che ci erano pervenute. Ma ciò non toglie che
l'onorevole sottosegretario pecchi di eccessivo formalismo. In fondo il Governo,
per bocca sua, si è limitato a dire che le leggi esistenti sono state applicate,
e che allo Stato, conseguentemente, non può essere fatta nessuna colpa.
Onorevole Tessitori, ella è persona molto sensibile, che svolge il suo delicato
compito con non comune dedizione: come tale ella non può limitarsi alla risposta
del tutto burocratica che ci ha fornito. Può darsi che nelle lamentele pervenute
a noi ed a lei vi siano delle esagerazioni; però qualche cosa di reale deve pur
esserci. Ella, occupato come è, probabilmente non ha ancora avuto il tempo di
interessarsi a fondo della questione. Ecco, io le chiedo proprio di fare un
approfondito esame, soprattutto sul piano umano. Se ella lo farà, forse giungerà
a conclusioni diverse da quelle a cui è giunto stasera; forse ella si convincerà
che, per quanto le leggi esistenti siano state applicate dal Governo non possa
essere attribuita colpa alcuna, tuttavia vale la pena di fare qualche cosa di
più per la risoluzione di questo problema, in modo anche che nessuno di noi
abbia più necessità di portarlo alla Camera e di scriverne sui giornali.
PRESIDENTE.
Lo svolgimento delle rimanenti interpellanze all'ordine del giorno è rinviato ad
altra seduta, su richiesta del Governo.
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